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‘Ndrangheta, processo a Monza il 6 aprile: in aula per reati minori

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Il cittadino di Monza e Brianza, di Federico Berni

Reati minori, ma nomi molto pesanti. Ci sono anche alcuni tra i personaggi considerati autentici esponenti di spicco dei locali di ‘ndrangheta tra gli imputati chiamati a rispondere il prossimo 6 aprile davanti al tribunale collegiale di Monza di diverse imputazioni di minor rilievo rispetto all’accusa principale di associazione di stampo mafioso, che verrà contestata invece al maxi-processo alla ‘ndrangheta calabrese in LombardIa dell’11 maggio a Milano. Sono i rivoli giudiziari (anche se con l’aggravante dell’ambito mafioso in cui sarebbero stati commessi) dell’operazione Infinito, che nel mese di luglio ha alzato il velo sulla malavita organizzata in Brianza, in particolare nelle zone di Desio, Seregno, Giussano e Solaro. Reati stralciati, e inviati per competenza al tribunale brianzolo, per Ignazio e Natale Marrone, Domenico Pio, presunto “vicario del capo locale di Desio” (o “capo società”), 63 anni, la sua fidanzata Angelica Riggo, che avrebbe retto le fila degli affari dell’uomo quando questo era finito in carcere, Candeloro Pio, considerato una pedina di assoluto rilievo della mala a Desio, Giuseppe Sgrò, Francesco Di Palma, Giovanni Castagnella, Nicola Minniti, Giuseppe Daniele, Rocco Fusca, Gianluca Stagno, Michele De Gregorio, Roberto Lucchini e Agostino Fallara. Per sette di questi (i due Pio, Sgrò, Di Palma, Castagnella, Minniti, Daniele, Stagno) viene contestato anche il reato di associazione mafiosa, il cui processo prenderà il via il prossimo 11 maggio davanti ai giudici dell’ottava sezione penale del tribunale di Milano. Il processo monzese, invece, affronta reati di minore portata: detenzione e porto abusivo d’arma da sparo per i fratelli Marrone (una pistola nel portaoggetti della macchina), di ricettazione di un carico di componenti elettronici (Sgrò, Candeloro Pio, Natale Marrone, Di Palma) o di uno scooter rubato; traffici di cocaina (un chilo in tutto; imputati: Fusca, Stagno Daniele; gli ultimi due con l’aggravante di aver “agevolato il sodalizio criminoso”), intestazione fittizia di beni per sfuggire alle misure di prevenzione patrimoniale del tribunale (Domenico Pio e Riggio, in relazione a un appartamento di Misinto) o usura (viene contestato un prestito di 10mila euro a un consulente finanziario, al tasso mensile del 20%, con l’aggravante dell’agevolazione mafiosa). L’operazione Infinito, messa a segno nel mese di luglio dai carabinieri del Gruppo di Monza e dai magistrati della Direzione distrettuale antimafia, aveva portato in carcere 160 persone, ma non si era esaurita con quella retata, che comunque aveva evidenziato il coinvolgimento di politici di livello comunale e provinciale brianzolo, e rappresentanti di enti pubblici monzesi. Nel mese di ottobre, per esempio, i giudici avevano emesso altre tredici ordinanze di custodia cautelare, per ulteriori episodi di usura.


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Commissione Pecorella, 15 minuti per la discarica della ‘ndrangheta a Desio

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Il Cittadino di Monza e della Brianza

Quindici minuti dedicati anche alla cava di via Molinara di Desio. La commissione parlamentare d’inchiesta sulle attitività illecite ha ascoltato, ieri pomeriggio, martedì, anche Giuseppe Farina, il tecnico incaricato dal Comune di Desio per effettuare una perizia sul terreno al centro di un vasto giro di rifiuti illeciti gestito dalla ‘ndrangheta, scoperto nel 2008 nell’ambito dell’operazione Star Wars della polizia provinciale.

“Ho presentato la mia relazione tecnica” spiega Farina. Nel documento, redatto nell’ottobre scorso, l’esperto stima in due milioni e 800 mila euro il danno provocato dallo smaltimento di rifiuti nella cava desiana, che si trova a pochi metri dalla Valassina, in zona stazione. 90 mila metri cubi di terra asportati, per fare posto a rifiuti speciali: scarti edilizi, lastre di amianto e anche idrocarburi.

La presenza di materiale pericoloso è stata accertata, anche se le analisi effettuate sono state considerate non esaustive da parte del consulente: “Finora i campioni raccolti dall’Arpa sono stati prelevati alla profondità di 3 metri. La cosa è assolutamente non esaustiva visto che gli scavi si sono spinti anche fino a meno 10 metri di profondità. E’ da presumere che i materiali più pericolosi siano stati depositati alle maggiori profondità e quindi più difficilmente individuabili” .

Dopo la relazione, il comune, ora commissariato, non ha effettuato nessun intervento. “Non mi ha più contattato nessuno” dice Farina. La cava deve essere ancora bonificata. Da chiarire chi dovrà accollarsi la spesa.

Desio, discarica abusiva ritrovata dalla Polizia in una cava

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Il Giorno, di Alessandro Crisafulli

Loro, i responsabili, avrebbero ammesso di aver scaricato un paio di camion. Ma i residenti della zona ne avevano notati a decine fare avanti e indietro da quel cantiere. Di certo, per ora, c’è che la polizia locale di Desio, a seguito di alcune segnalazioni, ha individuato una presunta cava abusiva, riempita come una discarica di rifiuti, in particolare scarti e macerie edili.

Non una novità, purtroppo, per la città, dove il fenomeno degli scavi abusivi, del movimento terra, delle discariche – con tutto il danno ambientale e il business economico che ne derivano – è tristemente noto da quando fu scoperchiata la maxi cava di via Molinara gestita dalla malavita organizzata. Fra i nomi delle persone che sarebbero coinvolte nella nuova faccenda, figura anche quello di Maria Cacioppo, amministratore unico di Europa Case srl di Cesano Maderno, suocera del consigliere regionale del Pdl ed ex assessore all’Ambiente Massimo Ponzoni. Insieme a questa, sono altre due le immobiliari raggiunte dai provvedimenti della polizia locale e del Comune: la Briantea srl di Desio, amministrata da Rosario Turco, e la Mistral srl di Desio, amministrata da Angelo Cattaneo.

Siamo, come quasi sempre capita in questi casi, all’estrema periferia della città, in fondo a via Villoresi, nel quartiere Spaccone. Qui è in corso la realizzazione di alcune palazzine. Dal cantiere, da qualche tempo, i residenti notavano un viavai all’apparenza eccessivo: «Tanti camion che tutti i giorni facevano avanti e indietro – dice un cittadino, che ha raccontato tutto alle forze dell’ordine -. Cosa facevano? Portavano via la terra buona, quella che si può rivendere, portandola chissà dove, e riempivano la buca con altra roba». Cosa? Lo hanno accertato gli agenti della locale nel sopralluogo effettuato l’1 febbraio: «A quanto pare si tratta in particolare di scarti edili – spiega Francesco Panebianco, comandante dei vigili di Desio -, è comunque già stata attivata l’Arpa che effettuerà i carotaggi per verificare per bene il tutto. La situazione adesso è monitorata e non dovrebbero esserci pericoli».

Tutti coloro che fanno riferimento al cantiere sono stati individuati e contattati, «e adesso si sono dichiarati disponibili a ripulire», continua Panebianco. Ma se non fossero stati scoperti in tempo? Il pericolo era di ritrovarsi sottoterra un altro abuso ecologico. Si attendono comunque le verifiche dell’Arpa e i relativi risultati per delineare al meglio il quadro complessivo. Alle tre immobiliari brianzole è stata notificata una comunicazione di avvio del procedimento «finalizzato all’accertamento dello stato di compromissione delle matrici ambientali e all’eventuale, conseguente, ripristino ambientale».

Desio, cava sospetta: proprietaria anche la suocera di Ponzoni

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Il cittadinomb, di Paola Farina

Una nuova cava abusiva in città? Sembrerebbe di si. Dopo quella di via Molinara e altre piccole cave disseminate qua e là, spunta un’altra area, questa volta al quartiere Spaccone, al confine con Nova Milanese, in cui sarebbero stati interrati rifiuti di dubbia provenienza. L’amministrazione comunale ha già preso provvedimenti.

E’ di questi giorni, infatti, un documento partito dal municipio, firmato dal funzionario del settore ecologia e ambiente Giuseppe Santoro e indirizzato alle società coinvolte, per comunicare l’avvio di una serie di accertamenti sul terreno in questione, per una “presunta coltivazione abusiva di cava e abusiva attivazione di discarica di rifiuti”. E non manca qualche sorpresa.

Tra i destinatari risulta infatti anche Maria Cacioppo, in qualità di amministratore unico della “Europa Case srl” con sede a Cesano Maderno. Il nome non è nuovo: la Cacioppo è la suocera di Massimo Ponzoni. A lei era stata intestata,per esempio, la famosa villetta abusiva scoperta a Cesano Maderno, oltre che alla moglie e al cognato del politico desiano. Gli altri destinatari sono Rosario Turco, amministratore della immobiliare Briantea con sede a Desio, Angelo Cattaneo, amministratore della Immobiliare Mistral (sede a Desio) e l’architetto desiano Michele D’Errico.

A loro, il funzionario comunale comunica “l’avvio del procedimento amministrativo finalizzato all’accertamento dello stato di compromissione delle matrici ambientali e l’eventuale conseguente ripristino ambientale”. In pratica, riguardo al terreno in zona via Villoresi, diventato di proprietà comunale, la polizia locale ha redatto un rapporto, datato primo febbraio 2011, in cui riferisce di “movimenti di terreno e presenza di rifiuti, presumibilmente derivanti da attività edilizia”.

Scrive il funzionario: “ritenuto che quanto accertato possa aver determinato compromissione nelle matrici ambientali degli strati superficiali del sottosuolo, nonché una sua alterazione dovuta all’asportazione di strati naturali e al riempimento con materiali estranei e rifiuti, ritenuto indispensabile provvedere a indagini mirate da parte dei responsabili individuati o da individuare, per questi motivi si comunica l’avvio del procedimento amministrativo”.

Su quel terreno sono in costruzione delle palazzine. L’area sarebbe stata ceduta dalla proprietà privata al comune, in quanto “standard”, come onere di urbanizzazione. Sembra che sia stata asportata della terra per essere rivenduta. E al suo posto siano stati interrati rifiuti e materiale di scarto. Per questo ora il comune vuole vederci chiaro.

Desio: uffici, case e autorimessa Gli abusi edilizi dei Cannarozzo

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Il CittadinoMb, di P.F

Abusi edilizi da abbattere, come prevede la legge. Lo chiede il commissario prefettizio Maria Carmela Nuzzi alle società Gefim e Officina del Gusto, con sede in via Forlanini 71, considerate responsabili di “opere edilizie eseguite in assenza di titolo”. E poi case, villette e un’autorimessa su un terreno agricolo a fianco della Valassina, con accesso dalla stessa superstrada. Tutto riferibile alle famiglie Cannarozzo.

Partendo da Gefim e Officina del Gusto, come hanno rilevato gli agenti della polizia locale lo scorso 19 novembre, le due società, una attiva nel settore immobiliare, l’altra nella ristorazione, hanno ampliato le loro sedi senza permesso. In particolare, nel loro sopralluogo, i vigili hanno verificato l’esistenza di un piano in più, il quarto, nella palazzina degli uffici della Gefim: 200 metri quadrati in più.

L’Officina del Gusto invece ha ampliato la superficie del locale dai 60 metri quadrati iniziali, dichiarati nel 2005 con la denuncia di inizio attività, ai 270 metri di oggi, “con la realizzazione di vani per attività di somministrazione di alimenti e bevande (ristorante) avente superficie lorda di pavimento di mq. 270 circa. L’intervento ha sostituito la preesistente costruzione realizzata in forza della denuncia di inizio attività del 21/6/2005, avente superficie lorda di pavimento pari a 60,37 metri quadrati” si legge nella delibera firmata in questi giorni dal commissario.

Il documento, che ha valore di una delibera di consiglio comunale, individua l’area da acquisire in caso di mancato abbattimento delle opere abusive. Il contenzioso prosegue da qualche mese. A dicembre infatti il comune ha avviato il procedimento, con l’ingiunzione di demolizione. I responsabili hanno chiesto l’applicazione alternativa di una sanzione pecuniaria. Cosa che per legge non è permessa. Hanno quindi proposto un progetto di sanatoria per il ristorante. Per poi annunciare di “procedere alle opere di demolizione, che avranno inizio il 31 marzo”.

Quanto alle abitazioni e all’autorimessa abusive, la vicenda è partita nel 2004 con le relazioni della polizia locale che hanno sorpreso i lavori in corso per le opere abusive. Hanno fatto seguito le domande di sanatoria, presentate nel dicembre 2004 dai diretti interessati. Dania Cannarozzo ha chiesto la sanatoria per la “costruzione di casa unifamiliare composta da un locale oltre servizio, tettoia, cinta con passo carraio, il tutto su terreno agricolo”. La domanda è stata respinta nel 2006.

L’altra sanatoria è stata avanzata da Massimiliano Cannarozzo per la “costruzione di porzione di villetta bifamiliare e box e recinzione, il tutto su area a destinazione agricola”. Anche in questo caso, domanda respinta. Dal comune sono quindi partite le ordinanze di sospensione dei lavori, indirizzate sia ai proprietari (nello specifico, alla “Max and Co”) sia alla ditta esecutrice, la “Arosio Trasporti”, con la “diffida a demolire” quanto realizzato.

Il 26 dicembre 2010 la polizia locale scopre invece la presenza degli abusi: abitazione con portico, autorimessa, manufatti e recinzioni, passi carrai. E’ quindi scattato il procedimento sanzionatorio a Massimiliano Cannarozzo, Dania Cannarozzo e alla ditta “Enrico Arosio” per opere “realizzate su un aree classificate nel Pgt come destinate all’agricoltura, a rischio di compromissione e degrado, con vincolo di fascia di rispetto stradale e di rispetto degli elettrodotti”. In caso di mancato abbattimento, il comune acquisirà un’area di circa 12 mila metri quadrati.

Desio, giunta c’è: prima riunione per costituirsi al processo Infinito

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Giunta fatta a Desio. All’appello manca un solo nome, quello di un esponente dell’Italia dei Valori. Il neo sindaco Roberto Corti stamattina ha nominato 5 assessori e ha tenuto già una prima seduta. Una riunione urgente, necessaria per deliberare la costituzione di parte civile del comune al processo per l’operazione anti ndrangheta Infinito, dato che domani è prevista un’udienza in Tribunale a Milano … “Oggi si è tenuta la prima seduta di giunta con l’adozione di importanti atti nella direzione del ripristino della legalità e della giustizia; si tratta degli atti necessari alla costituzione parte civile dell’Amministrazione comunale nel processo scaturito dall’indagine ‘Infinito’ e al contrasto ad un caso di abusivismo edilizio sul territorio” recita il comunicato stampa del comune.
Il caso di abusivismo riguarda la villa abusiva dei Cannarozzo lungo la Statale Valassina: la proprietà ha fatto ricorso al Tar contro l’ingiunzione di abbattimento. E oggi il comune ha nominato gli avvocati per il processo. “E’ un segnale forte che diamo alla città” commenta il sindaco Roberto Corti. L’articolo completo su il Cittadinomb

Milano, il chirurgo plastico dei clan «Estorsioni e visite agli affiliati»Milano, il chirurgo plastico dei clan «Estorsioni e visite agli affiliati»

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Non era un semplice professionista a disposizione delle cosche calabresi, ma un affiliato alla ‘ndrangheta in tutto e per tutto. Un medico stimato, chirurgo plastico al Niguarda con esperienze all’estero e nel curriculum un borsa di ricerca in Chirurgia Maxillo-facciale e Chirurgia malformativa del viso presso l’Università di Messina. Arturo Sgrò, 42 anni, è accusato non del meno grave concorso esterno in associazione mafiosa, ma del reato previsto dall’articolo 416 bis, ossia di essere un affiliato del «locale» di ‘ndrangheta di Desio (Monza e Brianza). Un uomo delle cosche con una carriera «cristallina», ma completamente inserito nel contesto già scoperto nella maxi-operazione Infinito del 2010. Il medico è stato arrestato martedì mattina dagli investigatori della squadra Mobile di Milano, guidati da Alessandro Giuliano e dalla dirigente della prima sezione Serena Ferrari. Con lui, con la medesima accusa di associazione mafiosa anche Ignazio Marrone, siciliano di 40 anni, titolare dell’autodemolizioni di Desio «Recuperi e autodemolizioni srl» ma affiliato alla cosca di Desio che fa riferimento alla famiglia Iamonte-Moscato di Melito Porto Salvo (Reggio Calabria).

Il medico a servizi della ‘ndrangheta

L’ordinanza di arresto è firmata dal gip milanese Carlo Ottone De Marchi su richiesta del capo della Dda di Milano Ilda Boccassini e dei pm Cecilia Vassena e Paola Biondolillo della Distrettuale. Al centro dell’indagine vicende di recupero crediti per conto di affiliati già detenuti per l’operazione Infinito e visite e favori nei confronti di affiliati alle altre cosche della ‘ndrangheta. e dei parenti detenuti Giuseppe e Salvatore Sgrò. Il medico, sfruttando la sua attività professionale all’interno della sanità lombarda (che ha visto già condannato in via definitiva l’ex direttore sanitario pavese Carlo Chiriaco) avrebbe visitato e si sarebbe interessato della loro condizione sanitaria di vari esponenti mafiosi: Maurizio Russo, Francesco Molluso (locale di Corsico, un esponente della famiglia Barbaro, su precisa richiesta di Antonio Barbaro, e Saverio Mollica. «In casa, in macchina o al telefono, il mio nome non voglio che sia fatto», diceva il medico intercettato dalla polizia. Sgrò si interessava, insieme a Marrone, ma anche da solo, del recupero crediti per conto di alcuni affiliati con imprenditore della zona (nessuno, come al solito, ha mai denunciato le estorsioni subite) anche con modi «bruschi e tipici del metodo mafioso» e del sostentamento delle famiglie dei detenuti.

Il «metodo mafioso»

«Tutti comportamenti — ha spiegato il capo della Mobile Alessandro Giuliano — tipici degli affiliati all’organizzazione mafiosa e per i quali Srgò non riceveva alcun compenso personale, ma si muoveva in nome e per conto della cosca. Come stabilito dai doveri degli affiliati». Neppure dopo l’uscita di alcune indiscrezioni sul coinvolgimento di medici nelle indagini sulla mafia al Nord, l’atteggiamento di Sgrò sembra cambiare. Anzi, «al di là delle ovvie cautele, il medico rimane a costante disposizione di tutti gli affiliati». Il locale di Desio, nel 2010 guidato da Annunziato Moscato (cosca Iamonte-Moscato) e successivamente «retto» da Pino Pensabene (entrambi sono in carcere), dopo la doppia ondata di arresti si era comunque riorganizzato sfruttando Sgrò (il cui fratello Edoardo è medico agli ospedali riuniti di Reggio Calabria) e Ignazio Marrone. Tra le contestazione per Marrone, c’è anche l’accusa di armi delle quali la cosca aveva costante disponibilità. Diversi i sequestri effettuati tra il 2013 e il 2014 (periodo di questa indagine) dalla squadra Mobile. Marrone incontrava gli affiliati alla cosca e anche le vittime delle estorsioni all’interno della sua autofficina. Un capannone-bunker usato per summit, protetto con telecamere e sistemi antiintrusione.

Una carriera «cristallina»

Sgrò, dopo la laurea in Medicina e Chirurgia all’Università di Messina e l’iscrizione all’Albo dei medici chirurghi della provincia di Reggio Calabria , si è specializzato in Chirurgia plastica e ricostruttiva e si è trasferito a Milano nel 2009 dove lavora come dirigente medico presso l’Ospedale Niguarda Ca’ Granda e svolge anche attività professionale privata . A Messina, Sgrò è stato docente per l’insegnamento di Maxillo-facciale. «L’ospedale non è minimamente coinvolto — hanno spiegato gli investigatori —. E per quanto emerso dalle indagini non c’è mai stato alcun rilievo nei suoi confronti da parte di medici, dirigenti e pazienti». Federco Berni, Cesare Giuzzi, Corriere.it